Come sarebbe la mia vita se fossi rimasta in Cina?

Come sarebbe la mia vita adesso se fossi rimasta in Cina? Una domanda che mi assilla da due anni a questa parte. La pandemia mi ha allontanato da quella che pensavo fosse “la mia strada”, una vita ed una carriera in Cina. Due anni fa in taxi verso l’aeroporto guardavo una Shanghai che si chiudeva lentamente in se’ stessa. All’epoca non sapevo che quello sarebbe stato un addio, ed oggi continuo a nutrirmi di ricordi nostalgici nonostante la mia vita sia andata avanti anche se non in Cina. Continuo a rimuginare fino alla noia le solite cose, ma oggi voglio provare a dare una risposta a quei rimpianti che continuo a portarmi addosso inutilmente: se fossi rimasta in Cina, adesso probabilmente sarei in quarantena.

Non so se avete mai visto il film Sliding Doors del 1998, ma io attraverso i social ed i racconti di chi è rimasto ho provato ad immaginare come sarebbero andate le cose se non avessi preso un aereo il 10 Febbraio del 2020. Un anno fa invidiavo le foto dei miei amici in giro per qualche bel locale di 新天地 (Xintiandi) a Shanghai, mentre oggi guardo con stupore le immagini di eserciti di persone in tute bianche anti-Covid, foto che rievocano la Wuhan di 2 anni fa.

La vita con la politica degli zero casi

Zero casi significa zero errori: non far circolare il virus nel proprio distretto è molto di più di una questione sanitaria. Se in Europa ormai ci abituiamo a convivere con il Covid-19, il Governo Cinese rimane intransigente. Una città come Shanghai conta più di 26 milioni di abitanti: soli 139 casi ( per lo più asintomatici) su 8 milioni di tamponi effettuati hanno mandato la città in tilt, ed i casi adesso non fanno altro che aumentare ogni giorno. Ho scritto ad Alberto, il mio caro amico e compagno di avventure ad Hangzhou rimasto in Cina per lavoro. “Il problema non è tanto chi risulta positivo, ma cosa fanno per la prevenzione” mi scrive mandandomi foto di una Shanghai deserta. Il condominio di Alberto è entrato in lockdown per un sospetto caso di contatto con un positivo. Per due giorni nessuno potrà entrare o uscire dagli appartamenti: tutti i residenti dovranno e sottoporsi a tampone e misurarsi la temperatura per più volte al giorno. Alberto mi invia il messaggio che ha ricevuto su Wechat, è stato informato così dell’improvviso inizio del lockdown.

– […]请大家安心居家,做好个人防护,切勿相信坊间传闻,如有变动我们会第一时间跟大家说” – […] Per favore resta a casa e proteggiti. Non credere alle voci. Sarai informato il prima possibile di eventuali cambiamenti.

E’ così che giorno dopo giorno condominii su condominii entrano in lockdown: 2 giorni di chiusura totale più 12 giorni di “self health Management” durante i quali verranno effettuati circa 4 tamponi a tutti gli abitanti del condominio e limitate le uscite al minimo indispensabile. Il messaggio invita anche gli abitanti del condominio a vestire la tuta bianca anti-covid e ad unirsi come volontari “per aiutarci a superare insieme la pandemia” e controllare che nessuno esca o entri dagli edifici in quarantena.

Fuori dal condominio, video di Alberto

IL fallimento della “quasi-normalità” cinese

Online ho visto foto di di chilometri di persone in fila per un tampone: non esistono i test antigenici fai-da-te e gli studenti e professori della Shanghai International Studies University sono rimasti svegli fino alle 4 del mattino in fila. La maggior parte delle università e scuole è tornata a fare lezione online, molte classi sono saltate e c’è un clima di gran confusione e di massima allerta. Questa è l’altra faccia della politica degli zero casi: “Fino a qualche settimana fa la situazione era quasi del tutto normale” continua a raccontarmi Alberto mentre celebra con una birra in casa l’inizio di un altro lockdown. In Cina molti si erano abituati a questa stato di “quasi-normalità“, ed adesso stanno pian piano ripiombando nella paura di un’altra Wuhan 2020. I video che girano online sulla situazione a Shanghai rasentano il paradossale: vien da chiedere se veramente fanno i tamponi anche agli animali, e se è normale costruire dei muri davanti gli appartamenti in lockdown. Non mancano le persone che si ribellano al sistema, provano ad uscire e vengono immediatamente bloccate dai volontari in tuta bianca. In occidente i titoli dei giornali parlano del “fallimento” della politica degli zero contagi: l’impennata di casi di Covid sta tenendo in lockdown quasi 30 milioni di persone, mentre a Hong Kong la situazione è ancora più tragica a causa dell’ elevatissima letalità del virus. Forse è l’ora che il Governo affronti la pandemia con meno paura ed una campagna vaccinale più convinta.

In fila per il tampone, video di Alberto

La cina non è più la stessa di prima

La mia vecchia compagna di stanza in Cina mi scrive da Chengdu: “La Cina non è più la stessa di prima”. Dopo lo scoppio della pandemia gli stranieri rimasti sono pochi, mentre invece sempre più cinesi vedono gli expats come probabili untori. “Come straniera in Cina non posso viaggiare nei piccoli villaggi – mi racconta – e l’ultima volta che sono andata a comprare una bottiglietta d’acqua mi è stato chiesto di misurare la temperatura e mostrare il mio green pass, mentre il resto delle persone entrava ed usciva dal negozio senza problemi. Prima stare in Cina era bello perchè era facile viaggiare durante il weekend, adesso per uscire da Chengdu devo fare tamponi, e rischio di incorrere in quarantene: non ne vale più la pena. La maggior parte dei miei colleghi internazionali sta programmando di andare via, sono quasi più di due anni che non vedono le loro famiglie.

Sono stata a lungo dentro un gruppo Wechat per italiani bloccati fuori dalla Cina e ho letto di famiglie separate e di coppie sposate che faticano ad ottenere i documenti per il ricongiungimento in Cina. Molti oggi lavorano da remoto per aziende o università cinesi con difficoltà a riscuotere il salario perchè su un conto corrente cinese che non può essere gestito facilmente dall’estero. La carenza di espatriati sta causando alle imprese, e in particolare alle multinazionali, serie complicazioni. Il personale straniero ha spesso competenze difficili da sostituire: dagli insegnanti madrelingua ai responsabili delle vendite internazionali con esperienza e reti consolidate nei mercati esteri. Non è chiaro esattamente quanti stranieri rimangano in Cina. Nel 2020, un censimento del governo ha stimato che ci fossero circa 850.000 expats, ma questi dati includono un numero imprecisato di ex cittadini cinesi che hanno preso un’altra nazionalità. Per chi vive o ha vissuto in Cina il mondo dal 2020 si è spaccato a metà tra chi è fuori e chi è dentro.

In una vita parallela

Oggi penso alla mia vita parallela in Cina ricordando l’esperienza della quarantena poco prima della partenza. Scrissi dei miei giorni di reclusione nel dormitorio pensando a quanto tutto fosse assurdo: nessuno poteva entrare o uscire dal campus universitario nemmeno per comprare da mangiare. Per mangiare qualcosa ordinavo cibo online, anche se era strettamente vietato. Secondo la direzione dell’università qualsiasi contatto con l’esterno poteva portare il virus dentro il campus. Per una decina di giorni ordinai cibo d’asporto di nascosto facendomelo passare attraverso la ringhiera del cancello sul retro del dormitorio. L’unico modo per uscire da quella situazione era comprare un biglietto aereo di sola andata per tornare in Italia. Pensare ad un altro lockdown del genere adesso mi fa venire i brividi.

Davvero la vita sarebbe stata migliore in Cina? Sono ancora attaccata al ricordo della mia vita prima della pandemia. Proprio come accade per le storie amore finite male, ci si tengono stretti i bei ricordi e si fatica ad immaginare che le cose, con il tempo e le situazioni, sarebbero cambiate comunque. Si continua tutti a vivere in un stato di quasi-normalità: tra chi è dentro e chi è fuori, non si può non pensare a come le cose sarebbero potute andare altrimenti.

L’ultima immagine che ho scattato prima di lasciare il dormitorio di Hangzhou

2 Comments

  1. Grazie Camilla, mi sono ritrovata moltissimo nelle tue parole credo che tu sia riuscita ad esprimere a pieno ciò che molti di noi abbiamo vissuto dal 2020, come hai scritto tu, una vita spaccata a metà.

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