Continua la rubrica alla scoperta delle vostre tesi di laurea che esplorano la Cina sotto vari aspetti. La tesi di Amanda Kowalski “Analisi delle strategie di traduzione dei marchi occidentali per il mercato Cinese” esplora un argomento molto interessante che ho già esplorato con la rubrica Luxury China, ma che sono felice di approfondire dal punto di vista tecnico. La traduzione di un nome occidentale in Cinese non è da sottovalutare: fare le giuste scelte fonetiche e di significato potrebbe determinare il successo o meno di un brand in Cina. Amanda ha discusso la sua tesi presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici “Carlo Bo”di Firenze e nel 2020 e ce ne parla qua.
Per quel che ne sa…. Amanda di traduzione e resa in Cinese dei marchi occidentali.
Quando è iniziato il tuo rapporto con la Cina?
All’incirca tre anni fa. Inizialmente avevo scelto un percorso di studi molto distante da quello che ho intrapreso adesso, ma ho sempre avuto la passione e l’inclinazione a studiare le lingue. Sono bilingue, parlo perfettamente l’Italiano ed il polacco e so anche l’inglese, lo spagnolo ed un pochino di russo. Ho quindi deciso di aggiungere anche il cinese. Ho frequentato l’Istituto di Alti Studi SSML Carlo Bo di Firenze, orientandomi sul cinese proprio perchè al giorno d’oggi è una lingua importante da conoscere. Poi me ne sono innamorata, un po’ come succede a tutti. Nell’estate tra il secondo ed il terzo anno ho fatto un viaggio in Cina come Au Pair presso una famiglia nella città di Hangzhou, capitale della regione dello Zhejiang, definita città da Marco Polo come “la più bella e nobile città del mondo”.
La tua tesi di Laurea è un’analisi delle strategie di traduzione dei marchi occidentali per il mercato cinese, come sei arrivata a scegliere questo argomento?
Ho scelto questo argomento per svariati motivi, in particolar modo collegati alla mia prima esperienza in Cina. Un giorno andai al McDonald con il padre della mia host family ad Hangzhou. Notai che stavano cambiando il nome dell’insegna, ed incuriosita (chiave di lettura per lo studio del cinese, la curiosità) chiesi il motivo per cui lo stavano facendo. Scoprii così che il nome iniziale di McDonald’s era una semplice traslitterazione fonetica in cinese (麦当劳 “Màidāngláo”) priva di significato che dal 2017 era cambiato in seguito ad una decisione strategica a livello di marketing: il nome originale è stato sostituito con 金拱门 (“Jīn gǒngmén”), che letteralmente significa “archi d’oro” e rimanda chiaramente al famoso logo della catena di fast-food. Quanto è importante la scelta di un nome quando un brand internazionale decide di entrare nel mercato cinese? Me ne sono resa conto stando in Cina, ad esempio non sapendo che Starbucks in Cina si chiama 星巴克 (“Xīngbākè”) ho riscontrato alcuni problemi nello spiegare alla mia famiglia dove andassi a prendere il caffè ogni mattina, nonostante lo Starbucks in questione si trovasse proprio dietro casa!
In Cina tutto viene tradotto in caratteri, e la scelta della combinazione giusta di caratteri può determinare in modo assoluto il successo o il fallimento di un brand.
Che cosa è importante valutare in una traduzione o traslitterazione in Cinese di un nome di un marchio internazionale?
Il consumatore cinese ha esigenze diverse (o meglio, “ulteriori”) rispetto ad uno occidentale: un brand name deve necessariamente evocare qualcosa nel suo immaginario. La scelta migliore, dalle ricerche effettuate per la mia tesi, risulta essere una combinazione di significato e suono caratterizzata da una connotazione positiva (attraverso un aggettivo, colore, numero o animale) che rimandi al brand name originale. Importante è inoltre il numero di caratteri: per molti cinesi è difficile ricordare un nome composto da troppi caratteri che messi insieme non hanno alcun significato (la maggior parte delle parole composte in lingua cinese sono bisillabiche). Nella scelta della strategia di traduzione di un brand name da una lingua occidentale al cinese si può quindi traslitterare il nome con caratteri che evocano un suono simile a quello originale, unendo un adattamento di significato che rimandi alla semantica del nome con cui il brand è stato concepito, così che i consumatori cinesi possano familiarizzare con i valori ed il significato che il brand vuole trasmettere.
Come vengono inserite le parole straniere nel vocabolario Cinese?
Prima di tutto bisogna tener conto del fatto che tutte le lingue presentano all’interno del proprio vocabolario un certo numero di parole prese in prestito da altre lingue e culture, e la lingua cinese non fa eccezione. Ma come si realizza nella lingua cinese l’assimilazione di parole nuove?
Dunque, questo processo avviene tramite:
- Prestiti fonetici: processo secondo il quale la forma fonetica della parola straniera viene adattata a una sillaba appartenente al sistema fonologico cinese che la ricordi foneticamente. Il morfema selezionato può essere sia un carattere privo di significato creato appositamente per la resa fonetica (咖 “gā” in 咖 喱 “gālí” = curry) che un carattere preesistente (沙发 “shāfā”, letteralmente “sabbia-inviare” = sofà). Come si può notare, nel secondo caso il significato semantico viene meno, essendo l’unico fine quello di “sfruttare” il fonema.
- Forme ibride: consistono nella combinazione di un morfema preso in prestito foneticamente con un morfema semantico autoctono che rende trasparente, almeno in parte, la categoria semantica della parola (啤 “pí” da “beer” + 酒 “jiǔ”, alcool = 啤酒 píjiǔ, birra).
- Calchi semantici: sono il risultato di uno slittamento semantico che vede l’attribuzione di un nuovo significato a una parola già in uso o meglio, avviene quando una parola della lingua accogliente acquisisce il significato di una parola straniera (酷 “kù”, crudele, viene usato per la resa dell’inglese “cool”)
- Calchi strutturali : sono tali i calchi che riproducono sia il significato che la struttura morfologica della parola in lingua straniera, in poche parole il termine viene tradotto sia letteralmente che “strutturalmente” (铁路 “tiělù”, letteralmente “ferro-via” = ferrovia);
- Neologismi autoctoni: consistono nelle parole che sono state create appositamente per la resa di una parola straniera, che però non si basano né sulla fonetica, né sulla sintassi della parola di partenza, al massimo ne ricordano il concetto (飞机 “fēijī”, letteralmente “volare-apparecchio” = aeroplano).
Quali sono le migliori strategie di traduzione per i nomi dei brand internazionali?
Secondo Allan Kit Kwong Chan, professore di Marketing alla Hong Kong Baptist University e Yue Yuan Huang, professoressa associata presso la stessa università, un buon brand name cinese dovrebbe essere composto da due sillabe, non di più. Come anticipato in una delle domande precedenti, i composti bisillabici sono più facili da riconoscere, pronunciare e ricordare per chi parla cinese. La seconda sillaba di un brand name, se dotata di un tono alto, gioca un ruolo significativo nel raggiungere un effetto sonoro più piacevole. Inoltre, il composto di parole dovrebbe seguire lo schema modificatore-nome.
Il brand name dovrebbe anche avere una connotazione positiva che può essere ottenuta utilizzando nomi di animali dello zodiaco cinese, oppure simboli o altre parole di buona fortuna tipiche della cultura cinese. Un esempio di brand name cinese che contiene tutti e quattro i principi di cui sopra è 富绅 “Fù shēn”, letteralmente “ricco-gentiluomo”, un brand di abbigliamento maschile il cui brand name rimanda alla fortuna e alla ricchezza (connotazione positiva) ed è composto da due sillabe che rispettano lo schema modificatore-nome, e di cui l’ultima è dotata di un tono “sonoro”.
Una buona traduzione quindi non deve essere per forza una traslitterazione di suoni, che può risultare superficiale o addirittura causare uno scivolone all’azienda, a volte è necessario che le aziende si impegnino per trovare il giusto abbinamento di significato e di suono, così da poter presentare il proprio brand al mercato cinese partendo con una marcia in più.
Per concludere che cosa vorresti consigliare a chi si sta per la prima volta affacciando al mercato in Cina?
Quando ci approcciamo alla Cina (alla sua lingua, cultura e mercato) è di fondamentale importanza ricordare che ogni aspetto relativo alle diverse dimensioni può essere completamente diverso da come si presenta nelle NOSTRE dimensioni.
Siamo abituati a viaggiare e ritrovarci i nomi delle grandi multinazionali invariati, eppure nella Grande Terra di Mezzo se non fosse per i loghi, non sapremmo riconoscerli; siamo abituati a mangiare con le bacchette quando andiamo a in un ristorante giapponese o cinese, ma non sappiamo che poggiare le bacchette con l’estremità sottile a puntare un commensale si traduce in un malaugurio in Cina; pensiamo di sapere tutto del mercato cinese solo perché siamo abituati ai consumatori occidentali, che tra mille diversità hanno anche mille costanti, mentre in Cina se per il 春节 “chūnjié” (Capodanno cinese) una casa di moda lancia una gamma di prodotti a tema, facendo sentire 1,4 miliardi di consumatori speciali, ha vinto tutto. Risulta di vitale importanza smettere di guardare alla Cina con occhi occidentali: toglietevi gli occhiali, pulite le lenti con un panno nuovo, rimettetele e cominciate a guardare verso l’Estremo Oriente in modo oggettivo, pulito da pregiudizi e soprattutto – finalmente – non etnocentrico.
E’ necessario che chi si affaccia al mercato cinese per la prima volta abbia appreso quantomeno le basi culturali e abbia seguito i trend del mercato specificatamente cinese. Dall’altra parte, per chi pensa di potersi affacciare ai consumatori cinesi portando nel proprio bagaglio solamente la lingua la strada sarà ardua. I tempi sono cambiati, se non si è notato loro si sono rimboccati le maniche. E chi ci crediamo di essere noi per non sentirci in dovere di fare lo stesso?
La chiave di tutto risiede in una combinazione di quattro parole, un po’ come i 成语 “chéngyǔ” cinesi: non-dare-per-scontato. Aggiungiamoci un: MAI!