Per quel che ne sa… Emanuela Villani
Continua l’appuntamento con le vostre tesi di laurea a tema Cina: l’ospite di questa prima settimana di Marzo è Emanuela Villani, interprete ed esperta di Cina. Ha discusso la sua tesi di Laurea Triennale all’ Università Gregorio VII di Roma esplorando tematiche relative lo shock culturale tra Cina ed Italia, in particolare attraverso interviste a negozianti di origine cinese residenti a Roma. La sua prima esperienza in Cina in famiglia nel 2012 le ha fatto provare il significato di shock culturale sulla sua pelle, un po’ come tutti quelli che si trovano a vivere a lungo in un paese straniero. Completando un master in lingua Inglese alla Gongshan University di Hangzhou, Emanuela ha fatto esperienza come interprete e mediatrice culturale, collaborando anche con Alibaba.
Lascio la parola a lei, con questo divertente ed interessante articolo che ha scritto per la rubrica:
“Mi chiamo Emanuela, o se preferite Manu_lacinese ed anche io mastico il pŭtōnghuà. Lavoro come Interprete e Traduttrice da 5 anni, un percorso che fino ad oggi mi ha dato molte soddisfazioni. Mi sono avvicinata alla Cina durante il mio percorso di laurea in traduzione e interpretariato in inglese, spagnolo e cinese. Luglio 2012 è stata la prima volta che ho messo piede in Cina, a Shanghai. Studiavo cinese da qualche mese e, inutile dire che le mie abilità erano molto scarse. Come fanno un po’ tutti, prima di partire, ho imparato a memoria le solite frasi che servono alla sopravvivenza dei primi giorni. Ma se devo essere sincera, sono riuscita a pronunciarne a malapena una, ogni volta che ci provavo non venivo capita, eppure ero convinta di avere una pronuncia perfetta, proprio come la prof mi aveva insegnato. Ma non passarono molti giorni per rendermi conto che non era così.
Paese che vai, usanza che trovi
Due Nazioni così distanti come lo sono la Cina e l’Italia, due mondi uno l’opposto dell’altro. Noi mangiamo con le posate, loro con le bacchette. Noi non riusciamo a fare a meno del pane e loro del riso. “Paese che vai, usanza che trovi” con la Cina casca proprio a pennello! Potremmo parlare dell’acqua calda a 40 gradi all’ombra, della privacy (hai detto privacy? Cos’è la privacy?), dei canoni di bellezza, dei bagni alla turca e tanto altro. Varcato il confine ci si trova a fare i conti con alcune cose per noi strane ma per loro normalissime.
Cina e Shock Culturale
Il mio primo approccio con Shanghai? Per fortuna è passato qualche anno ed ho avuto il tempo di metabolizzare! Arrivi ed è subito Shock! Ti ritrovi nel giro di poche ore a non saper più comunicare in un posto dove nemmeno Google può aiutarti. Il famoso Shock Culturale che accompagna la maggior parte degli stranieri in Cina durante il primo periodo, che a mio avviso, può essere più o meno lungo. Basta pensare che ti ritrovi solo, catapultato non sai bene dove e per quale motivo, non riesci a comunicare e di conseguenza non puoi socializzare e te ne rimani rinchiuso in casa dove spesso e volentieri anche lì manca quelle che per noi sono un po’ le basi di una “casa”.
Lo shock di solito arriva subito e attraversa varie fasi. All’inizio ci si sente un po’ turisti e quindi pronti a tutto, a posti e sapori nuovi. Subito dopo, arriva però quella fase in cui ti rendi conto di non essere un turista e che quello è il luogo in cui dovrai vivere. Qui inizierai a sentirti disorientato, le difficoltà quotidiane per adattarsi al nuovo contesto sono tante e sembrano aumentare di giorno in giorno. Si tende a fare dei paragoni con la propria cultura e ad essere quasi ostili verso quella ospitante. Questa a mio avviso è una fase molto delicata in cui molti iniziano a pensare ma chi me lo ha fatto fare? Così mollano e tornano a casa. Questo è anche il momento in cui bisogna ricordarsi perché si è lì, mettersi quindi in moto per cambiare quello stato di frustrazione.
Ne avrei di cose da dire, ma iniziamo con la prima che è anche molto divertente se vogliamo! Siete mai stati fermati per strada e fotografati come una vera e propria celebrità? Uno dei tanti “shock” è proprio questo per me. Vivevo in una graziosa famigliola cinese, con tanto di nonna e domestica. Non ero proprio in centro, anzi direi più in periferia. Nel quartiere di occidentali se ne vedevano pochi, o forse nessuno. Beh, non ci crederete ma ogni volta che uscivo per fare spesa o semplicemente a fare due passi, tutti, e sottolineo tutti mi fissavano, come se fossi una sorta di aliena sbarcata in Cina. Nel minimarket dove facevo spesa appena entravo calava un silenzio tombale perché troppo impegnati ad osservare me che sceglievo quali miàntiáo (noodles) comprare.

Mediare lo Shock Culturale a Cena
Siete mai stati a cena con un cinese? I cinesi amano mangiare e il loro galateo a tavola segue delle regole specifiche che andranno assolutamente rispettate, specialmente durante una cena di lavoro. Il rapporto che i cinesi hanno con il cibo non è un tema molto conosciuto in Occidente. Sappiamo che mangiano con le bacchette, ma i segreti da sapere sono ben altri, che a volte potrebbero fare davvero la differenza. Sarebbe quindi un’ottima idea conoscerne qualcuna prima di parte. Ricordiamoci che non siamo a casa nostra, siamo ospiti e quindi dobbiamo adattarci alle regole della “casa”.
Questo vale per il turista, lo studente che deve adattarsi a condizioni di vita in dormitorio prettamente cinese ma anche e soprattutto a chi con i cinesi vuole lavorarci. Quando parliamo di shock culturale intendiamo abitudini, modi di fare e di agire completamenti lontani dalla nostra normalità. Questo in Cina si verifica in diverse situazioni e ovviamente anche a tavola. In Cina gli affari si fanno a tavola. Durante la cena ci spesso ci ritroveremo a notare modi di consumare i pasti per noi un po’ troppo alla buona, a volte seguiti da momenti di imbarazzo. Quasi sempre, dopo un meeting importante i cinesi sono soliti organizzare veri e propri banchetti.

Saper bere il báijiǔ
Per evitare brutte figure è meglio prepararsi. Il protagonista indiscusso di una cena di lavoro è il báijiǔ 白酒, un vino di riso dalla gradazione alcolica davvero forte, infatti va dal 40% al 60%. Baijiu è considerato una bevanda sociale. Se stai cercando di organizzare un incontro con esponenti cinesi, sappi che spesso si svolgerà in un ristorante o in un bar.
Non preoccuparti mai di sentirti brillo o addirittura di perdere completamente i sensi, a differenza delle controparti occidentali, i cinesi non lo considerano poco professionale. Se berrai qualche bicchierino in più, probabilmente verrai trattato in modo molto più caloroso. Inoltre sarà la dimostrazione che di te ci si può fidare e potrai far parte del team.
Nel processo di negoziazione cinese, il banchetto formale è fondamentale: è il modo in cui i business men si valutano a vicenda creando un rapporto di fiducia. Per un italiano non abituato al galateo cinese, questa potrebbe essere una sciocchezza. Ed è proprio qui l’errore. In Cina, bere fino allo stordimento durante una cena di lavoro svolge un ruolo importante nel networking aziendale. Non è infatti raro che una persona possa costruire la propria carriera sulla capacità di bere. Ci sono delle regole fondamentali nel bere a cena: più bevi più verrai apprezzato.
Il concetto di Guānxì
I cinesi amano costruire relazioni e fare amicizia. “Guānxì”, la parola cinese per “relazione”, è di enorme importanza nel mondo degli affari cinese. La maggior parte degli accordi vengono conclusi costruendo relazioni, un modo per farlo è cenare e bere alcolici. In qualità di interprete, quando un mio cliente arriva in Cina svolgo anche un ruolo da mediatore che, fidatevi, a volte non è così scontato. Non mi è infatti capitato poche volte di dover interpretare durante una cena di lavoro tra un’azienda italiana e una cinese, con esponenti anche di un certo livello, dove però la regola da seguire era appunto fare “gān bēi” a base di báijiǔ.

Nel giro di poco sono passata da interpretare a mediare e calmare gli animi tra le parti in quanto la cinese continuava a voler brindare e la parte italiana iniziava ad innervosirsi e a stupirsi di come un’azienda di un certo spessore possa ridursi durante una cena così importante. Non è stato poi così semplice far comprendere alla parte italiana che quello che stava vedendo non era nient’altro che il loro modo di concludere un affare, una modalità molto lontana dall’ottica italiana. Questo per dire che per chiudere un affare bisogna essere disposti a brindare e dimenticare il business all’occidentale fatto da un incontro diretto e una stretta di mano.“
di Emanuela Villani