L’ERA DEL DÀIGÒU È FINITA?

Come la pandemia ha cambiato il mondo dei dàigòu

Se prima della pandemia eravate amanti dei viaggi come me, vi sarà capitato di imbattervi in gruppi di cinesi che cercano di mettere tutti i loro acquisti in una valigia e se sei mai stato abbastanza curioso da sbirciare per qualche secondo avrai notato che tutte queste cose sono di Gucci, Louis Vuitton o Prada. Siamo tutti consapevoli dell’enorme potere d’acquisto che ha la popolazione cinese, ma questo sembra davvero un po’ troppo. Allora come è possibile che questi giovani abbiano valigie e valigie piene di prodotti del lusso Made in Italy?
La risposta è semplice, lo fanno per lavoro. Loro sono i Dàigòu (代购), persone che sono riuscite a trasformare i propri viaggi in un vero e proprio business trip, aggirando il sistema fiscale cinese. Il loro lavoro consiste, infatti, nell’acquistare prodotti di alto valore all’estero per poi rivenderli in Cina. Un po’ come i personal shoppers ma in versione avanzata.

L’élite cinese

Oggi la Cina ha 300 miliardari, che mettono il Paese al secondo posto nel mondo, dopo gli Stati Uniti, e la classe media ha raggiunto i 250 milioni di persone con alto potere d’acquisto. Tra il 2015 e il 2018, la spesa locale dei consumatori cinesi ha contribuito alla crescita in valore assoluto del doppio rispetto alla loro spesa all’estero. Nel 2018, i consumatori cinesi in patria e all’estero hanno speso 770 miliardi di RMB (115 miliardi di dollari) in articoli di lusso, equivalenti a un terzo della spesa globale, con ciascuna famiglia che consuma beni di lusso che spende in media 80.000 RMB all’anno. I 770 RMB del mercato del lusso cinese di oggi si prevede arriveranno a 1,2 RMB minion nel 2025 (rapporto 2019 sul lusso della Cina di McKinsey).
Nel 2019 la maggior parte della classe benestante cinese (circa il 70%) ha acquistato beni di lusso all’estero, si può infatti affermare che, per quanto riguarda i beni di lusso, negli ultimi anni hanno speso più all’estero che all’interno della Cina. Risultato che deriva da una crescente affinità per i viaggi al di fuori della Cina, della consistente differenza di prezzo derivante dal regime fiscale delle importazioni della Cina e dalle politiche di prezzo dei marchi.

Da dove nasce tutto questo?

Come sappiamo la Cina non è sprovveduta di flagship stores o department stores con i conosciutissimi marchi del lusso, marchi che oltretutto non mancano nemmeno sulle piattaforme e-commerce cinesi come Tmall. Ma allora dove nasce l’esigenza del consumatore cinese di comprare all’estero? Ciò avviene fondamentalmente per un motivo: in Cina la tassa sull’importazione di beni di lusso è molto alta e una borsa di Gucci può costare fino al 70% in più che in Italia.
Per i consumatori cinesi di beni di lusso, l’alto prezzo dei prodotti acquistati rappresenta senza dubbio un valore aggiunto. Tuttavia, se possibile, tutti preferiscono risparmiare. Ecco spiegata la necessità dei cinesi di comprare al di fuori della Cina, ma non tutti hanno la possibilità o il tempo di farlo. Da qui è nata l’esigenza di qualcuno che comprasse su commissione all’estero e il lavoro dei Dàigòu è proprio questo.

I dàigòu non vivono solo in Cina

Il termine 代购 (dàigòu), infatti, è formato dal carattere 代 “agire per conto di altri” e 购 “comprare”, di conseguenza il termine può essere tradotto come “comprare per conto di altri”.
Ci sono due tipi principali di dàigòu: i “local dàigòu” che risiede stabilmente all’estero e spedisce i prodotti ai propri clienti cinesi; e gli “human-flesh dàigòu” che volano continuamente avanti e indietro tra la Cina e un’altra nazione, trasportando oggetti nei loro bagagli.
Il fenomeno dei dàigòu non è qualcosa di marginale, anzi, tutt’altro. Nel 2014, quando le grandi case di moda come Chanel e Gucci avevano regolarmente prezzi più alti dell’80% in Cina rispetto all’Europa, i dàigòu videro un boom, sopratutto per coloro che lavoravano con la vicina Corea del Sud – famosa per i suoi marchi di cosmetici e la moda K-pop – è un hot spot dàigòu particolarmente popolare. In quel periodo infatti, come riportato da Bain & Company, i dàigòu rappresentavano quattro acquisti di beni di lusso su 10 dei consumatori cinesi, esattamente tra i 55 miliardi e i 75 miliardi di RMB (8,8 miliardi-12 miliardi dollari). Ma quel successo ha provocato un giro di vite sulla pratica illegale da parte del governo cinese, che aveva perso potenziali entrate fiscali.

Gli effetti della pandemia globale

Poiché il dàigòu dipende profondamente dai viaggi, con l’avvento del COVID-19 questo è stato uno degli affari che maggiormente ha avuto danni dalla pandemia globale. Con l’implementazione dei divieti di viaggio e dei periodi di quarantena obbligatori, chiudere i centri commerciali, annullare i voli e sospendere le consegne internazionali ha reso impossibile per entrambi i dàigòu il mantenimento della propria attività. Human-flash dàigòu è stata la categoria più colpita, ma anche per quella locale non è facile portare avanti il proprio business. In effetti, anche se ad oggi le spedizioni stanno ritornando al normale regime, un pacco impiega ancora molto per andare dall’Europa alla Cina. Questo è sicuramente qualcosa che non aiuta questo tipo di attività, che lascia dàigòu con sempre meno clienti, i quali magari preferiscono comprare qualcosa da poter utilizzare subito invece di acquistarlo e non sanno nemmeno se arriverà in Cina.

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