In arabo Venezia si dice al-bunduqiyya. Venezia è l’unica città europea ad avere un nome arabo e questo semplice fatto dice quanto la Serenissima sia stata per lunghi secoli la principale cerniera di raccordo fra l’Europa e l’Oriente, fra la Cristianità e il vasto mondo musulmano affacciato sul Mediterraneo. Venezia è stata la casa del grande Marco Polo e di molti altri mercanti che hanno percorso la via della seta fino ad arrivare alle porte dell’antichissimo impero cinese.
Ho iniziato l’università Ca’ Foscari conoscendo poco o nulla della Cina e ne sono uscita innamorata.
Venezia è stata la mia porta verso l’oriente: sono molto legata a questa città ed in quei due anni di vita veneziana mi sono avvicinata alla Cina.
L’università Ca’ Foscari è stata fondata nel 1868 come “Scuola superiore di commercio” da Luigi Luzzatti, Edoardo Deodati e Francesco Ferrara. La scuola fu la prima istituzione italiana ad occuparsi dell’istruzione superiore in ambito commerciale, economico e linguistico.
Ca’ Foscari proponeva di fornire ai commercianti un’adeguata preparazione teorica e pratica. Fin dalla sua nascita comprese l’importanza dell’insegnamento delle lingue straniere, sia occidentali che orientali, il cui approfondimento era considerato fondamentale completamento dello studio delle discipline economiche.
Nel 1954 fu istituzionalizzata la Facoltà di lingue e letterature straniere, mentre nel 1964 nacque il corso di laurea in lingue e letterature orientali e con esso iniziarono gli insegnamenti di arabo, cinese, ebraico, giapponese, hindi, iranico e turco.
Ritornare ha scatenato mille ricordi che hanno iniziato a riempire le calli, ormai vuote di quelle figure ed amicizie universitarie.
Ho ripercorso la strada che lungo Fondamenta delle Zattere mi portava fino a lezione a San Basilio e Santa Marta, mi sono messa a sedere fuori dalla biblioteca guardando il canale della Giudecca ed ho fatto aperitivo allo Squero, come da tradizione.
Sono passata attraverso Campo Santa Margherita e mi sono fermata al bar Rosso per un caffè e per un’immancabile spritz all’Orange. Ho attraversato Campo San Barnaba e mi sono diretta verso la Ca’Foscarina osservando i libri dalla vetrina prima di arrivare davanti al maestoso palazzo Ca’ Foscari.
Mi sono fermata dal caro e vecchio Tonolo per fare il classico strappo alla dieta e mi sono persa tra le calli, dato il mio sempre pessimo senso dell’orientamento.
Ho anche camminato lungo Fondamenta degli Ormesini pensando agli aperitivi fatti al Timon ed ho raggiunto il Ghetto Ebraico, sempre con la sensazione di trovarmi catapultata in un’altra epoca. Sono uscita al Ponte delle Guglie ed ho ripensato al test d’ingresso fatto a San Giobbe e all’ansia di non averlo superato.
Passando per la stazione ho pensato alle tante partenze e ai mille ritorni e alla classica fermata da Lele per un ombra, prima o dopo un viaggio o un esame.
Ho pensato alle lunghe gite in vaporetto verso Punta della Dogana e alla maestosità della Basilica della Salute. Ho ricordato la leggera nebbiolina di Novembre e la luce gialla opaca dei lampioni quando la mattina alle sei uscivo di casa per andare a buttare la spazzatura.
Sempre alla Salute, sono passata davanti il mio convitto: ho visto una delle suore entrare velocemente da quel portone che trovavo sempre chiuso ogni volta che non rispettavo il coprifuoco. Poco più avanti, il secondo anno, avevo trovato una casa al pian terreno dalla quale riuscivo a vedere la grande cupola della basilica. Mi sono fermata davanti quella porticina verde e ho avuto l’istinto di tirar fuori le chiavi.
Ho riempito Venezia di ricordi e l’ho lasciata ancora una volta con malinconia, sapendo che quei momenti resteranno per sempre nell’eco delle calli e nel colore arancio degli spritz e dei tramonti.