A volte penso a come questi ultimi 3 anni siano volati via così velocemente e a come invece adesso il tempo scorra così lentamente. Quando vinsi la borsa di studio per frequentare un master in Storia dell’Arte alla China Academy of Art, impallidii leggendo che la mia permanenza in Cina sarebbe stata di ben 4 anni. Non vi dico nemmeno come reagì mia madre alla notizia, per poco non svenne quando, una calda sera d’Agosto, mentre cenavamo in veranda, comunicai alla mia famiglia la mia partenza a Settembre. Quattro anni all’epoca mi sembravano un’eternità e non nego che partii pensando “posso mollare quando voglio, quando sono stanca di stare in Cina”. Arrivai ad Hangzhou in un afoso pomeriggio di Settembre non sapendo bene quel che andavo a fare.
Megan è stata la prima persona che ho incontrato una volta trovato l’ingresso del dormitorio in un intricato labirinto di corridoi e scale. La sua camera si trovava esattamente davanti l’ufficio internazionale dell’Università, lei aveva i capelli molto più corti di adesso, una gamba ingessata ed un’ aria simpatica, peccato che all’epoca il mio inglese era arrugginito, capirla quando parlava con il suo accento californiano era una vera impresa. Da quel primo incontro il tempo è volato ed ho vissuto insieme a lei davvero tante avventure. Megan è stata una delle persone che mi è stata più d’ispirazione sotto molti aspetti e la sua lettera mi ha ricordato quanto lei mi abbia aiutato a maturare durante questi anni in Cina. Sorrido pensando che la nostra amicizia è nata grazie delle lezioni di ballo e ad un viaggio che non abbiamo mai fatto. Con Megan e gli altri amici, colti dall’ebrezza delle novità che Hangzhou ci proponeva, il primo anno in Cina siamo stati forzati dalla nostra Università a partecipare ad una gara di ballo, ci siamo pure improvvisati ballerini professionisti di Lindy Hop ed abbiamo programmato un viaggio attraverso la leggendaria transiberiana.
Qualche giorno fa ho realizzato insieme a Megan quanto spesso ci ritroviamo a parlare del primo anno ad Hangzhou. La primavera è appena arrivata qua in Italia ed io non riesco a fare a meno che pensare alla mia prima primavera ad Hangzhou e alla sua brezza profumata: i giorni duravano più a lungo ed insieme al mio gruppo di amici coglievamo l’occasione per trascorrere interi pomeriggi seduti sull’erba del cortile della nostra università. Cullati dal vento insieme alle chiome dei salici piangenti, guardavamo il tramonto e aspettavamo la notte danzando a piedi nudi sull’erba fresca. La primavera è la stagione più bella ad Hangzhou e mi manca molto.
Forse un giorno ci incontreremo di nuovo tutti insieme proprio per quel viaggio tanto discusso, ma mai successo, che è stato l’inizio di un’amicizia destinata a durare a lungo. Potrei scrivere intere pagine su quello che io e Megan abbiamo vissuto in questi tre anni, ma preferisco dare spazio alla lettera che mi ha scritto e che ho provato a tradurre al meglio in Italiano:
In questi giorni ho visto una foto su Instagram con questa descrizione “quarantena o vacanza?” e mi ha fatto riflettere su quello che sto vivendo in questi ultimi giorni. Essere reclusi potrebbe essere un’ottima occasione per concentrarmi solamente sulla mia produzione artistica e sulla tesi da finire per “laurearmi”, anche se prendere una laurea adesso ha perso tutto il suo significato visto che non avrò un’ esibizione finale e discuterò la mia tesi online, senza una vera e propria cerimonia. Detto questo, è molto difficile rimanere concentrati quando tutta la mia vita ormai si sviluppa sopra lo schermo di una computer. Non siamo mai stati così dipendenti dai nostri telefoni come lo siamo aggi durante questa pandemia.
Prima che inizi a raccontare quello che mi ha spinto a scrivere questa lettera, voglio tornare indietro di tre anni, al mio arrivo in Cina.
Tre anni fa abitavo ancora a San Francisco: mi sono laureata nel 2016 al San Francisco Art Institute (SFAI). Il mio relatore all’epoca mia aveva parlato di un nuovo programma di Master in Arte Contemporanea che un suo amico aveva intrapreso, ma con un solo piccolo problema: il master era in Cina. Cina?!? Per molti americani la Cina è un paese sconosciuto. In particolare alcuni americani tendono ad essere particolarmente razzisti nei confronti dei cinesi. Ci sono molti pregiudizi e luoghi comuni sulla Cina, influenzati da quello che gli americani sono abituati a vedere nelle China Town negli Stati Uniti. Il primo anno di università ero solita attraversare a piedi la China Town di San Francisco ogni giorno: ricordo ancora l’odore putrido della spazzatura e delle fognature di quell’area, ma dopo la mia esperienza in Cina posso affermare di non aver trovato niente paragonabile al quel fetore, a parte il lo stinky tofu ovviamente , ma questa è un’altra storia.
Sono atterrata ad Hangzhou nell’Agosto del 2017. Fortunatamente il mio professore mi ha incontrato all’aeroporto e mi ha aiutato a raggiungere l’ostello in cui avrei alloggiato prima di trasferirmi nel dormitorio universitario. Durante il viaggio in taxi dall’aeroporto il cielo era grigio e l’aria attorno agli alti palazzi utilitari era molto inquinata. Ho subito iniziato a piangere pensando tra me “Che cosa ho accidenti fatto??”
Più tempo ho per riflettere, più comprendo quanto la mia esperienza in Cina sia stata indimenticabile ed importante. Adesso mi trovo in procinto di finire il mio ultimo semestre di studi in Cina, ma essendo in America e frequentando le lezioni online. Gli americani sono così ossessionati dall’idea di “libertà” che si dimenticano di tener conto della loro salute e di quella di chi gli sta attorno. Ciò significa che ancora in molti stanno affollando spiagge e percorsi di montagna e pure i campi da golf, pensando che questo non sia altro che una semplice influenza ed ignorando il fatto che questo virus sta uccidendo molte persone molto velocemente e diventando sempre più pericoloso.
Mi sono messa in quarantena nelle scorse settimane, così pure la mia famiglia. Non vedo i miei amici e neppure mia sorella da giorni. A dirla tutta sono anche particolarmente impegnata a frequentare le lezioni online, a fare arte e a pensare alla mia tesi, dico pensare perché non prendo in mando la mia tesi da dicembre, cioè da quando l’ho inviata per il controllo elettronico di plagiarismo.
Qualche minuto fa stavo facendo una lettura per una lezione online di cinema. L’articolo proposto dal professore riguardava una descrizione del tempo “non lineare” non in termini fisici, ma umanistici. Questa è una piccola prova che il tempo fisico è lineare, ma non significa che noi lo percepiamo come tale. Se un membro della nostra famiglia muore, non tornerà indietro ma ci addoloreremo per questo sentendone la mancanza e vivendo nel ricordo.
<< In fisica la distinzione tra passato e futuro è incerta. Pensiamo ad Albert Einstein dopo la morte del suo amico, Michele Besso. “Ha lasciato questo strano mondo un po’ prima di me”, scrisse Einstein in una lettera alla famiglia di Besso. Questo non significa nulla. Per noi fisici credenti, la distinzione tra passato, presente e futuro è solo un’illusione ostinatamente persistente. Alla luce dei fatti, Einstein avrebbe potuto scrivere la lettera a Besso stesso invece che alla sua famiglia. Ma non l’ha fatto ed è facile capire il perché. Per la famiglia di Besso, la persona amata non c’era più. Per la fisica, questo potrebbe aver significato poco. Ma per l’esistenza umana, significava un mondo di differenza. Il tempo ha una freccia: il corpo di Besso si sarebbe disintegrato irreversibilmente. Non sarebbe tornato. >>
Quindi quanto questo può avere un senso? Come il tempo può essere descritto come lineare?
Personalmente penso che se anche una persona non c’è più o vive a migliaia di chilometri di distanza da noi, la memoria di questa è sempre viva. Il motivo per il quale adesso sto scrivendo questa lettera è proprio perché durante la lettura di questo articolo ho pensato ai miei amici in Cina. La famiglia che abbiamo costruito mettendo insieme pezzi che normalmente non sarebbero andati insieme. Vivendo a migliaia di chilometri di distanza da casa devi lavorare con quello che ti viene dato, nonostante ciò siamo stati capaci di costruire amicizie veramente speciali.
Trascrivo qua quello che ho scritto accanto all’articolo che stavo leggendo:
“I miss you guys ❤ It wasn’t always easy and thus the best of friendships grew. Y’all are the realists and I’ve never felt so unapologetically myself. I could cry.”
Ed ho pianto, non sai quanto ho pianto!
Sono arrivata in Cina pensando fosse un ottima occasione per ricominciare da capo e per essere veramente me stessa senza paura di alcun giudizio. In Cina ho imparato a controllare le mie ansie e paure. Per la prima volta ho iniziato ad introdurmi come “interessata alle donne”, cosa che non avevo mai avuto il coraggio di fare prima. In Cina ho sofferto e mi sono rialzata con le mie stesse forze, ho fatto arte, ho scritto la mia tesi. In Cina ho migliorato le mie abilità comunicative con professori ed amici, lavorato duramente ed imparato il cinese. La cosa più importante però la sto imparando adesso, in questo periodo di isolamento nel bel mezzo di una pandemia: ho costruito una famiglia lontana dalle mie radici e sono convinta che sarà parte della mia vita per sempre.
Vi voglio bene amici miei, davvero tanto e non vedo l’ora di incontrarvi ancora.
Megan Strazzulla
