Dai balconi e dalle finestre di tutta Italia ci affacciamo così come siamo: pieni di speranza dentro gli occhi, a cantare sempre più forte per non sentire la voce delle nostre paure. La quarantena non ci spaventa tanto perché ci priva della libertà di uscire, ma perché ci chiude in casa con tutte le nostre preoccupazioni, dalle quali eravamo soliti scappare uscendo per un caffè al bar e quattro chiacchiere con gli amici.
Il futuro non ci ha mai spaventato come ci spaventa oggi: c’è chi si domanda come farà a fine mese, chi invece spera di rivedere i cari che si trovano in ospedale, chi si chiede se le cose torneranno come erano.
Per la prima volta dopo tempo ci sentiamo vulnerabili, scoprendoci più umani di quello che invece eravamo abituati a vederci allo specchio. Sentiamo il peso degli anni e dei capelli bianchi che eravamo abituati a coprirci con una seduta dal parrucchiere, riscopriamo le rughe e le crepe del nostro corpo e non troviamo filtri che riescano a nascondere le forti emozioni che ci segnano il volto.
Pure i media sembrano aver perso il loro filtro patinato, in cui tutto nelle vite altrui sembrava perfetto e che usavamo per convincere anche noi stessi di vivere delle vite perfette. Tutto sembra essersi chiuso in una piccola scatola, che può essere quella del televisore a casa, o il nostro computer o smartphone, o la finestra che da sulla strada e non sappiamo più che cosa stia fuori e che cosa stia dentro.
Oggi è così che ci scopriamo nuovamente mortali, in fila davanti ai supermercati: siamo tutti uguali impotenti e confusi davanti ad una situazione paradossale che mai avremmo pensato di vivere, aggrappati all’ultimo pacco di pasta come alle nostre speranze.
Siamo a fare i conti con un tempo di cui abbiamo perso il valore, abituati a vivere in una società di maratoneti che non ha mai il tempo di fare nulla; Seneca diceva “Non exiguum temporis habemus sed multum perdidimus – Non abbiamo poco tempo, ma ne sprechiamo molto”.
La società da sempre ci impone di essere produttivi ed impegnati, ed adesso sembra quasi impossibile che il mondo si sia fermato: adesso noi tutti assomigliamo a dei criceti che corrono all’impazzata dentro una ruota, senza una meta, stancandoci della velocità dei nostri pensieri e della forza delle nostre preoccupazioni, che nonostante siano onde violente dentro di noi, non smuovono o cambiano nulla di quello che sta accadendo fuori.
Adesso che stiamo a casa osserviamo quel che abbiamo lasciato mentre correvamo in una gara senza traguardo: uno strumento musicale pieno di polvere, dei libri dalle pagine ingiallite o disegni lasciati incompleti. Lo percepisco da come è cambiato quel che vedo su Instagram in questi giorni e da come i media, da tempo nelle nostre vite, si siano rivelati solamente adesso uno strumento per incoraggiarsi a vicenda ad impiegare il tempo in un modo diverso dal solito.
Stiamo ritrovando una cosa persa da tempo: la pazienza.
In una società a cui la tecnologia ha regalato la possibilità di avere tutto a portata di mano, al passo con la lunga ed estenuante maratona sociale senza meta, ci siamo dimenticati che cosa significa aspettare.
In quanti hanno riscoperto il piacere di cucinare piatti che richiedono tempo, mentre fino a qualche tempo fa ci accontentavamo di un triste panino al fast-food per non perdere troppo di quel tempo eroso dai mille impegni? In questa quarantena stiamo riscoprendo la pazienza: la pazienza di stare a casa in attesa che questa sfida contro il virus venga vinta, come la pazienza di aspettare che l’impasto per il pane lieviti.
Le cose che richiedono tempo portano sempre a grandi risultati, e nel nostro caso forse porteranno a grandi cambiamenti e quando tutto questo sarà finito troveremo il tempo di soffermarci ad ammirare la bellezza di un tramonto senza coprirci gli occhi con lo schermo di un telefonino e correre via.
Solo adesso che vediamo le strade e le piazze deserte ci rendiamo conto di quanto sia straordinariamente bella l’Italia, e ci manca come non ci è mancata mai prima: ieri sono uscita in giardino a guardare un panorama che ho sempre avuto sotto gli occhi, ma che non ho mai veramente ammirato. Come è silenzioso adesso il mondo e come è pieno di vita allo stesso tempo: anche vivendo in campagna, ho notato solamente ora quanto mi ero abituata al suono delle auto per le strade e a quanto tutto adesso invece sia sommerso in un profondo pacato silenzio.
La tecnologia ha cambiato molto le nostre vite, non solo nella velocità in cui raccogliamo le informazioni, ma anche nel modo in cui siamo abituati a relazionarci con gli altri. Internet nel suo accorciare le distanze, ci ha resi anche più lontani. Adesso che siamo costretti a comunicare con le persone che amiamo solo tramite uno schermo, ci manca quel contatto fisico che davamo per scontato quando a cena preferivamo stare al telefono invece che parlare con chi si aveva davanti. In una dimensione in cui la maggior parte delle relazioni sono giocate in uno spazio virtuale, il virus ci sta dando un assaggio della realtà distopica che fino ad ora avevamo solamente visto in programmi come Black Mirror, ma che adesso stiamo vivendo sulla nostra pelle guardando attraverso uno schermo persone che vorremmo abbracciare, specialmente adesso.
Il virus ci sta dando la consapevolezza di tutto quello che abbiamo paura di perdere e di quanto avevamo dato per scontato molti aspetti preziosi della nostra vita.
Forse, quando tutto questo sarà finito, le cose non torneranno come prima, ma troveranno un nuovo equilibrio: ricorderemo quanto ci sono mancati gli abbracci e la libertà di uscire a riempirci gli occhi di tutta la bellezza che c’è nel mondo, ricorderemo quanto c’è mancato viaggiare e quanto siamo fortunati. Passato tutto, spero che continueremo a cantare dai balconi e a farci forza l’un l’altro: questa è solo un’altra sfida che ci ricorda che siamo umani.
ciao, trovo perfetta la citazione di Seneca… ho sempre pensato che chi dice “che la vita scorre velocemente” in realtà mentisse… nel senso che la vita, tranne in rarissimi casi, ti da l’occasione di inseguire molti sogni, idee e progetti e il tempo per far si che almeno qualcuno di essi possa concretizzarsi, forse la nostra attitudine rispetto al tempo e il nostro comune disordine ci fa pensare, guardandoci indietro che sia passato tutto velocemente ma sono le pagine bianche tra quelle sporche d’inchiostro a creare questa illusione.. c’è una citazione di De Crescenzo che mi porto sempre dietro “La lunghezza effettiva della vita è data dal numero di giorni diversi che un individuo riesce a vivere. Quelli uguali non contano.”
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