Il volto islamico di Lanzhou

   Sono tornata a Lanzhou. Questa grigia ed arida città della regione del Gansu è stato il mio primo vero impatto con la Cina, ma pur avendola detestata durante la mia permanenza, devo ammettere che in parte me ne sono anche innamorata.
I ricordi che avevo di Lanzhou erano svariati, come le serate in alcune chiassose e volgari discoteche cinesi, i freddi pomeriggi invernali riscaldati da una bella e fumante ciotola di noodles di manzo e le mattinate passate in classe a ricopiare caratteri e a sbagliare la pronuncia della maggior parte delle parole.
Prima di atterrare a Lanzhou, nel 2016, avevo fatto molte ricerche a riguardo e le informazioni che ero riuscita a trovare erano poche e poco allettanti; pure la mia fidata e voluminosa guida Lonely Planet Cina dedicava poco più di mezzo paragrafo a Lanzhou descrivendola come una città che non offre molto ma che è un ottimo punto di snodo per raggiungere le altre mete turistiche presenti nella regione del Gansu.
Ritornare in questo posto dopo un anno mi ha consentito di rivedere università, edifici e persone sotto una luce diversa. Mi fermerò per poco più di 5 giorni e, per la prima volta dopo tanto, mi sento di nuovo una turista in Cina: tutto è rimasto esattamente come lo avevo lasciato, forse qualche nuovo grattacielo è sbucato dal nulla in mia assenza, ma il resto è rimasto immutato e nonostante ciò continuo a non trovare nulla che mi sia familiare.

Abituata al verde intenso di Hangzhou e alle folte chiome degli alberi attorno al lago che, in particolare in estate, nascondono completamente il cielo, ho notato per la prima volta con grande stupore che nelle giornate più luminose a Lanzhou è possibile intravedere le montagne dietro questi grigi edifici; un mio amico mi ha detto che questa vista assomiglia vagamente a quella della città di Bogotá in Colombia. Il cielo in questi giorni è stato di un celeste così intenso e limpido che credo di non aver ricordi di tale bellezza nell’anno trascorso in questa città.
Gli edifici qua sono completamente diversi da quelli di Hangzhou, che mi piacciono proprio perché sembrano occidentali, e d’improvviso in questi giorni ho capito che ad Hangzhou trovato tutto quello che mi sono sempre aspettata di vedere in Cina: la bellezza dei parchi e dei giardini, i salici piangenti di vedetta sul lago, i tetti a spiovente delle numerose pagode in giro per la città e gli arzilli vecchietti che praticano taijiquan. Mentre nella mia prima esperienza cinese a Lanzhou mi ero ritrovata in una realtà completamente distante dai miei ideali.
Nel centro di Hangzhou è difficile trovare gente che per strada offre frutta e verdura proveniente direttamente dalle campagne circostanti, mentre a Lanzhou non è difficile trovare ad ogni angolo qualche signore che urla a squarciagola il prezzo stracciato delle suoi cocomeri.
Stando ad Hangzhou mi ero pure dimenticata del profumo delle patate arrostite dentro dei bidoni piazzati agli incroci delle strade ed il bellissimo colore delle pesche disposte in piramidi su baracchini poco stabili.

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Mi ero dimenticata anche di quanto fosse mussulmana Lanzhou, e di quanti ristoranti fossero appunto rigorosamente Halal.
Mangiare a Lanzhou non sembra essere un grosso problema a differenza che nella turistica Hangzhou: almeno ogni 10 metri è possibile trovare un posto che serve i tipici noodles di manzo chiamati 兰州拉面, oppure dei gustosissimi spiedini di carne di capra cotti sul momento da degli abili ragazzi veloci con la brace.
Molte donne portano il velo, così come molti uomini indossano un copricapo chiamato Shashia, tipico dei paesi islamici.
La moschea di Lanzhou è enorme, al centro di un crocevia di strade sempre intasate dal traffico: di notte è illuminata da luci accecanti al neon verde che la fanno sembrare più un Casinò che un luogo di preghiera. Attorno alla moschea molti sono i luoghi di ritrovo per i fedeli musulmani dopo l’ultima preghiera del pomeriggio.
Qualche giorno fa sono entrata in un ristorante Halal in cui servono 包子, cioè panini soffici ripieni di carne di manzo o di verdure: al lavoro in cucina, visibile dal bancone in cui vengono serviti questi fumanti 包子, c’erano numerose ragazze che indossavano un velo rosa che nascondeva completamente tutta la nuca ed i capelli e che faceva sembrare il loro viso ancor più rotondo e paffutello. Con velocità impastavano e farcivano questa specie di soffici ravioli prima di adagiarli nelle tipiche vaporiere di legno di bambù e si asciugavano il sudore con un grembiule sporco che cingeva loro la vita. Una di queste donne vedendomi al banco in attesa del mio ordine ha sussurrato qualcosa all’orecchio della compagna, per poi scoppiare in una piccola risata prima di rimettere le mani in pasta, evidentemente non devono essere numerose le ragazze occidentali che frequentano il posto.

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Per quanto Lanzhou mi abbia fatto sentire in una Cina nuda e cruda, a confronto di molte altre città che ho visitato in questo enorme paese, in questi giorni osservando le persone che camminano per strada, i loro abiti, i negozi e ristoranti ho avuto la sensazione di trovarmi in un qualche paese islamico, come l’Uzbekistan od il Pakistan.
Oggi camminando verso il mercato della frutta e della verdura mi sono fermata ad osservare una tipica panetteria che offre quelle che io descriverei delle “schiacciate” con semi di sesamo o di girasole, cioè il tipico pane della regione dello Xinjiang, una regione autonoma della Repubblica Popolare Cinese, confinante appunto con la regione del Gansu.
I tratti somatici degli abitanti di questa regione sono completamente diversi da quelli che sono considerati i “i tipici tratti somatici cinesi”: pelle olivastra, occhi meno a mandorla e spesso di colore verde o nocciola. Mi sono soffermata ad osservare la bellezza della donna che era seduta davanti la panetteria con il figlio in grembo, il velo di colore rosso attorno ai capelli esaltava i lineamenti del volto e gli occhi grandi di un castano chiaro, dolci nell’osservare quello che credo fosse stato il marito mentre sfornava queste deliziose schiacciate rotonde, e nulla in questa scena rispecchiava quello che nella mia mente avevo in passato idealizzato come “cinese”.

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È stato strano realizzare di esser stata cieca per così tanto tempo, di aver visto solamente il lato “meno” esotico di questa città, dando per scontato che tutta la Cina fosse ugualmente grigia, inquinata e caotica: ci sono molte similitudini tra nord e sud, est ed ovest in Cina, questo è vero ma la regione del Gansu è unica nel suo genere per le forte influenza dei paesi vicini ed anche della Via della Seta, che per secoli ha modellato la cultura di questa regione rendendola unica. Sono nuovamente tornata armata di macchina fotografica, facendo paragoni con la realtà in cui vivo adesso, Hangzhou la città descritta come “Paradiso terrestre” da Marco Polo, ed anche così “cinese” da poter esser considerata troppo turistica e poco autentica, ma allo stesso tempo sicuramente più vivibile per un’ occidentale.
Lanzhou, al contrario, richiede molto spirito d’adattamento, quello che forse io non ho avuto nel 2016, spaventata all’idea di vivere in una città complessa dal punto di vista culturale e ancora giovane, in pieno sviluppo economico ed in piena crescita urbana. Ero così preoccupata nel cercare altri volti occidentali e qualche tipo di cibo che fosse vagamente simile a quello italiano che non mi sono realmente guardata attorno. Sto rimediando comunque adesso.

 

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